Pentesilea

         Pentesilea

                      (2006)

Regia, scene e luci: Fabio Cherstich


Compagnia/Produzione: Fondazione Ambrosetti – Clonerie – Scuola d’Arte Drammatica P. Grassi – Valelapena – Scalodieci

con : Lara Guidetti Achille, Matteo Graziano

coreografia: Lara Guidetti

dramaturg: Sarah Chiarcos

organizzazione: Valentina Falorni, Nadia Fauzia, Marisa Villa

Pentesilea e Achille.
Una regina guerriera e un eroe che si incontrano sul campo di battaglia.
Un uomo e una donna che si innamorano.
Due corpi che si desiderano. Due ruoli che si respingono.
Nell’irrompere dei sensi e della follia Pentesilea uccide a morsi l’eroe greco.
In un eccesso di furore erotico e d’annientamento decide poi di lasciarsi morire sotto al suo corpo.

Il movimento è contenuto all’ interno di uno spazio bianco che rappresenta la mente di Pentesilea. Al suo interno si concretizzano, strutturate in quadri, le visioni che assediano la mente della regina guerriera prima e dopo l’uccisione di Achille.

Il corpo è lo strumento attraverso il quale le visioni di Pentesilea prendono forma. La ricerca coreografica indaga lo sviluppo dei personaggi dalla condizione di icone all’essere corpi in movimento in relazione tra loro e con lo spazio.

Il conflitto ha origine dall’incomunicabilità dei ruoli che le icone rappresentano.
Solo l’uccisione di Achille permette a Pentesilea di svincolare il proprio corpo da qualsiasi sovrastruttura per raggiungere l’essenza del suo essere prima di tutto donna.

Pentesilea, una figura moderna nella sua instabilità, ambigua per la compresenza nella sua mente e nelle sue azioni di odio e amore, maschile e femminile, istinto e sentimento sadismo e masochismo. Una donna che si configura come trasgressione sessuale e culturale attraverso l’infrazione delle regole e dei divieti che reggono l’ordine dell’esistenza e della morte.

Il progetto prende spunto dalla scena finale dell’ottocentesca Pentesilea di H. V. Kleist, drammaturgo tedesco che presenta la regina delle “Amazzoni” (:“donne senza un seno”) secondo una personale ritrattazione del mito. Non più l’eroina ferita a morte da Achille che, nel vederla spirare, si innamora di lei, bensì la guerriera che, pur amando l’eroe greco, lo sbranerà in preda all’esaltazione dei diritti della passione.


“…così è stato un errore. Amore orrore fa rima, e chi ama di cuore può scambiare l’uno con l’altro. Quante attaccate al collo dell’amante ripetono che l’amano così tanto che per amore potrebbero anche mangiarlo. Vedi, mio amato. Per me non fu così. Quando io mi avvinghiai al tuo collo lo feci per davvero, nel senso autentico della parola; non ero così pazza come sembravo…”
H. V. Kleist